mercoledì 10 novembre 2010

Wall Street - Il denaro non dorme mai

Prendete un regista alcolizzato ma pieno di soldi, aggiungete una star sulla rampa di lancio, ed una purtroppo in decadenza; agitate aggiungendo lentamente un capolavoro degli anni ottanta, e quando il tutto sembra prendere forma, iniziate a lanciarvi dentro sentimentalismi, gare in moto, tradimenti, e un po' tutto quello che vi viene in mente. Il risultato è un composto informe, che sicuramente non è "nè carne, nè pesce". Il film inizia con delle ottime premesse, dal cast eccellente, ad un ritmo indubbiamente piacevole per quasi tutto il primo tempo. Dal secondo tempo in poi è come se il regista volesse realizzare più storie, ma senza riuscire realmente nel suo obiettivo primario. La cosa che mi chiedevo mentre vedevo il film era: "...ma non è ancora finito?!?!". Purtroppo, come avevo immaginato nella recensione del primo capitolo, Oliver Stone ha perso la "luccicanza" che l'aveva reso così speciale negli anni ottanta, divenendo un comune fabbricatore di noia. Già dai documentari realizzati dopo lo splendido "Ogni maledetta domenica", si è compreso che la noia aveva completamente inquinato la mente di quest'uomo, e con quest'ultimo film conferma le mie scarse aspettative nei suoi confronti. E' un film che potete vedere anche con un lobotomizzato, senza incappare nel problema di doverglielo spiegare, perchè alla fine l'unico mistero che resta è "il fischio" di Eli Wallach.Voglio anche dire che con un cast formato da attori come Josh Brolin, Carey Mulligan, lo stesso Eli Wallach, Susan Sarandon, Frank Langella e ovviamente Shia LaBeouf e l'ottimo Michael Douglas (anche se lo spirito di Gordon Gekko è praticamente morto nel primo film), era difficile non riuscire a mettere su un capolavoro, ma nemmeno così Stone è riuscito a far girare la pellicola nel verso giusto.
E' un film per tutti, ma potrebbe tranquillamente esserlo per nessuno.

GIUDIZIO FINALE
Voto 5/10 Il voto non può che essere la mediocrità, come mediocre è diventato Stone. Probabilmente meriterebbe anche qualcosa in meno, ma metaforicamente parlando, è come lo studente che in passato ha lavorato duro, e adesso è svogliato: nessun professore gli darebbe meno di cinque.

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